
Breve articolo sulla cronica carenza di brevetti presi in Italia ---- e peggioriamo. Dovremmo saperlo tutti che si studia e si brevetta troppo poco - ma non è così. Chi di voi era già al corrente- mi perdoni per la reiterazione - inevitabile.
Il numero annuale di brevetti conseguiti in Italia è dimezzato negli ultimi anni. È una grave tendenza negativa. Altrettanto grave che giornali, radio e TV non ne parlino. Oggi SPECTRUM, il mensile culturale e divulgativo dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE) pubblica un’analisi internazionale svolta su 5000 organizzazioni commerciali, accademiche, non profit, governative per valutare numero e valore dei brevetti conseguiti nell’anno. Non è sorprendente che gli Stati Uniti siano ai primi posti in modo massiccio in ogni settore, né che rifulgano Google e Apple.
Le aziende italiane non appaiono affatto in nessuno dei settori considerati. Per noi dovrebbe essere una giornata di lutto nazionale, ma temo che la notizia non verrà nemmeno citata. Tutto al più sarà relegata in ultima pagina o mormorata alla fine di una rubrica di curiosità mandata distrattamente in onda. “Tanto è un dettaglio che potrebbe interessare solo i tecnici”: ripeteranno gli artefici del nostro degrado culturale estremo.
È bene considerare qualche dettaglio di questa analisi.
I settori considerati sono 15:
Aerospazio e difesa; Automobili, Biotecnologia, Chimica, ICT, Conglomerati, Agenzie Governative, Strumenti scientifici, Strumenti medici, Università, Software, Computer, Periferiche per computer, Elettronica, Semiconduttori.
Per ogni settore viene citata una ventina di aziende o istituti.
I Paesi in cui almeno una organizzazione sta ai primi posti sono 16:
USA, Giappone, Olanda, Taiwan, Singapore, Bermuda, Corea del Sud, Cina, Francia, Regno Unito, Germania, Svezia, Belgio, Danimarca, Irlanda, Svizzera.
Non dovrebbe fare molta impressione la circostanza che alcuni di questi 16 Paesi sono molto più piccoli dell’Italia. Invece i decisori pubblici e, soprattutto, privati in Italia dovrebbero redigere una tabella o un diagramma per evidenziare quale sia l’andamento dell’economia nei 16 Paesi rispetto all’Italia. Vedrebbero che cresce la prosperità di chi brevetta di più – pensa di più, studia di più, immagina di più.
Ho pubblicato parecchie volte la proposta di creare task force mirate a redimere il Paese innalzando la cultura, gli studi, la ricerca, le invenzioni. Ne invio volentieri copie a richiesta – ma non ci vuole molta fantasia: la strada da percorrere è ben nota.
Ricordo solo che il ritardo dell’industria privata è più grave di quello della ricerca pubblica – che è pure notevole.

Per la serie: “usate il cervello, è gratis!” 🙂
Scherzi a parte, che il paese cresca di più se c’è più gente che pensa, studia, conosce, si interroga mi sembra una delle cose più scontate ed ovvie di questo mondo.
Non mi stupisce che non ci sia la cultura di questo visto che siamo governati da un brando di faccendieri che a stento hanno frequentato la scuola dell’obbligo…
Avevo scritto un commento però non lo vedo…
Comunque lo riscrivo, repetita iuvant 🙂
Studiare, leggere conoscere, interrogarsi son tutte cose che discendono dalla cultura, dallo studio… è evidente…direi palese.
Solo che siccome siamo governati da un branco di faccendieri che a stento hanno finito la scuola dell’obbligo, come si può pretendere che essi agiscano in nome e per conto della cultura?
Il tuo commento è visibile, Boris.
Non so perchè non lo vedessi prima 🙂
Ad ogni modo sono perfettamente d’accordo anche io con quello che dici tu e con quello che dice Roberto Vacca.
La tua considerazione sulla cultura che anima la classe politica odierna è valida ed è certamente rispondente alla realtà delle cose.
Tuttavia c’è da tenere ben presente che è dal nostro agire quotidiano che passa il migliorare lo stato di cose presenti.
Ergo, nongià chi va via dall’Italia ma chi rimane può aiutare il paese a risalire.
Creando cultura, sviluppo e promozione anche e soprattutto con le proprie idee.
Non sono pienamente d’accordo con quanto affermato. Negli Stati Uniti, dove il numero di brevetti sembra destinato a superare il numero della popolazione 🙂 è vero che c’è innovazione e sviluppo tecnologico, ma è anche vero che questo a favore dei soliti noti a discapito spesso di piccole realtà che, a causa dei troppi brevetti in circolazione e dell’alto rischio di infrangerne qualcuno, si trovano spesso bloccati.
Va anche considerato che i costi per un brevetto sono molto alti e quindi molte startup non possono permetterselo. Ovviamente parlo dei costi legati all’assunzione di un professionista per curare tutti gli aspetti legali della questione, altrimenti basta un buon team di avvocati per sconfiggere qualsiasi brevetto.
Della serie: ci sarà sempre un artigiano in un paesino sperduto tra le montagne che ha avuto la tua stessa idea, ma prima di te l’ha commercializzata…..