
Energy harvesting. Attraverso il suo Design Note DN483, Linear Technology ci mostra come sia possibile produrre energia sfruttando diversi fenomeni fisici ambientali, un fattore cruciale per l'eliminazione delle batterie nei sensori wireless.
I recenti progressi compiuti nel settore dei microcontrollori a bassissimo assorbimento hanno permesso la realizzazione di dispositivi con un elevato grado di integrazione e funzionalità aggressive di power saving, come ad esempio la possibilità di eseguire lo shutdown del componente per portarsi nella modalità idle. Purtroppo, le batterie vanno periodicamente sostituite, un'operazione che comporta dei costi soprattutto in fase di manutenzione.
Ma non esiste proprio una soluzione a questo tipo di problema? La risposta è affermativa, e consiste nell'abilità di trasformare l'energia sempre disponibile nell'ambiente sotto forma di energia meccanica, termica, o elettromagnetica, in energia elettrica e utilizzare quest'ultima per alimentare direttamente i dispositivi wireless.
L'LTC3588-1, visibile nell'immagine sottostante, rappresenta una soluzione completa di energy harvesting ottimizzata per impieghi con sorgenti di energia ad elevata impedenza, come i trasduttori piezoelettrici. Il componente contiene un ponte raddrizzatore ad onda intera a bassa perdita e un convertitore di tipo buck sincrono ad elevata efficienza, in grado di trasferire l'energia dalla fonte presente in ingresso all'uscita, con una tensione stabilizzata in grado di sopportare carichi con assorbimento fino a 100mA.
Fonti di energia ambientali
Diverse sono le forme di energia presenti nell'ambiente che ci circonda, come ad esempio la luce, le variazioni di calore, le vibrazioni, i segnali trasmessi in radiofrequenza (RF), ed in generale tutte quelle forme di energia in grado di produrre elettricità tramite un apposito trasduttore. Un possibile elenco è il seguente:
- la luce - i pannelli solari di piccole dimensioni vengono impiegati ormai da diversi anni per alimentare alcuni tipi di dispositivi elettronici portatili, e sono in grado di produrre 100s di mW/cm2 in condizioni di luce diretta e 100s di μW/cm2 in condizioni di luce indiretta
- il calore - i generatori ad effetto Seebeck sono in grado di convertire l'energia termica in elettricità nel caso sia presente un gradiente di temperatura ΔT
- vibrazioni - i dispositivi piezoelettrici possono produrre energia sfruttando sia la compressione che la deflessione del trasduttore. Un elemento piezoelettrico è in grado di produrre 100s di μW/cm2 a seconda delle sue dimensioni e della tecnica impiegata per la sua costruzione
- energia RF - il segnale a radiofrequenza può essere raccolto tramite un'antenna appropriata e produrre una quantità di energia corrispondente a 100s di pW/cm2
E' evidente a questo punto che per sfruttare pienamente il meccanismo di energy harvesting occorre intervenire essenzialmente su due punti:
- progettare opportunamente l'elettronica del dispositivo wireless in modo tale che esso utilizzi microcontrollori e trasduttori con assorbimento di potenza minimo
- impiegare dei componenti ad elevata efficienza in grado di convertire l'uscita del trasduttore in una tensione elettrica utilizzabile a scopi pratici. Questo è proprio il campo di azione del dispositivo offerto da Linear Technology
L'immagine seguente mostra lo schema a blocchi di un sistema di conversione dell'energia che sfrutta il meccanismo di energy harvesting. Sono individuabili i seguenti blocchi: la sorgente di energia/trasduttore, un elemento in grado di immagazzinare l'energia preceduto da un circuito raddrizzatore e seguito da un regolatore di tensione. Il ponte raddrizzatore può servire sia per evitare che parte dell'energia convertita ritorni verso il trasduttore, sia per raddrizzare un segnale alternato (ad esempio nel caso di un trasduttore piezoelettrico).
Energy harvesting - Esempi applicativi
L'LTC3588-1 richiede che la tensione di uscita del trasduttore sia superiore alla soglia di undervoltage lockout del trasduttore, impostata tramite i pin di ingresso D0 e D1 del componente stesso. Al fine di massimizzare il trasferimento di energia, il trasduttore di energia deve avere una tensione in circuito aperto pari al doppio della tensione operativa in ingresso, e una corrente di corto circuito pari al doppio della corrente di ingresso richiesta. Se questi requisiti hardware vengono soddisfatti, si può garantire un'erogazione di potenza dal circuito in modo continuativo.
Trasduttore piezoelettrico
In quest'applicazione viene utilizzato un dispositivo piezoelettrico, che, collocato in prossimità di un flusso di aria,è in grado di produrre una potenza pari a 100μW alla tensione di 3.3V. La deflessione totale del trasduttore piezoelettrico è pari a 0.5cm alla frequenza di 50Hz.
Trasduttore Seebeck
In questo caso il sistema di energy harvesting, visibile nell'immagine sottostante, impiega un trasduttore ad effetto Seebeck (prodotto da Tellurex Corporation). Il gradiente termico produce una tensione di uscita in grado di sopportare un assorbimento da parte del carico pari a 300mW. Collegando il trasduttore all'ingresso PZ1 si evita che la corrente fluisca all'indietro verso il dispositivo Seebeck quando la sorgente di calore viene rimossa. La resistenza da 100Ω fornisce inoltre una limitazione di corrente per proteggere il ponte presente in ingresso all'LTC3588-1.
Energia prodotta dal campo EM prodotto da lampade fluorescenti
Lo schema seguente mostra un'applicazone in cui l'energia viene prodotta dalla conversione del campo elettrico creato nelle immediate vicinanze di tubi fluorescenti ad elevata tensione. Due pannelli di rame delle dimensioni di 12pollici x 24pollici (circa 30cm x 60cm) sono posti ad una distanza di 6 pollici (circa 15cm) da una lampada fluorescente. I pannelli di rame generano una potenza pari a circa 200μW per effetto capacitivo, essendo nelle immediate vicinanze del campo elettrico generato dalla lampada fluorescente; l'LTC3588-1 converte poi questa potenza in una tensione elettrica regolata.
Attraverso questi esempi di applicazione abbiamo visto come l'LTC3588-1 consenta ai sensori remoti di operare senza l'utilizzo di batterie, convertendo in tensione elettrica varie forme di energia disponibili nell'ambiente circostante. Questo componente include tutte le parti necessarie per realizzare un dispositivo di gestione della potenza: un ponte raddrizzatore a bassa perdita, un regolatore buck ad alta efficienza, ed un rivelatore UVLO (Under Voltage LockOut) a basso bias.
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Come già abbiamo avuto modo di leggere qualche news fa, LT sembra essersi collocata al centro del mercato di componenti elettronici atti alla conversione di potenza, da una sorgente d’ingresso ad un carico in uscita. l’ambito dell’energy harvesting è ancora più complesso dell’usuale concezione di conversione di potenza, perché in questi casi si suppone che la sorgente d’ingresso abbia caratteristiche davvero fuori dalla portata della nostra coscienza di progettisti elettronici di potenza. Le topologie circuitali, a qaunto pare (ma non si avevano dubbi), sono gli stessi adoperati nella conversione a bassa / media e alta potenza, solo che in questo caso (Energy harvesting) si parla di applicazioni a bassissima potenza. Ecco che allora il carico deve essere ben commisurato a quelle che sono le disponibilità di energia messe a disposizione dalle sorgenti, che a quanto si legge anche dall’articolo sono seriamente minime. Prima di arrivare a sviluppare applicazioni che convertono potenze così basse, si è dovuto passare dallo step di ottimizzazione dei carichi, in questo caso specifico dei microcontrollori utilizzati nei sensori wireless o, meglio, in applicazioni senza batteria. La conversione dell’energia, tutto sommato, non è prerogativa dell’elettronica. Infatti credo che un po’ tutti abbiano sentito parlare, in passato, di quegli orologi prettamente meccanici che ricevevano la carica dal movimento del braccio di chi li indossava, quindi una trasformazione da un’energia cinetica all’altra.
Ciò che mi ha stupito dell’articolo è che il componente della LT soggetto dell’application notes integri al suo interno un convertitore di tipo buck, cioè la cui tensione di uscita è al massimo uguale alla tensione d’ingresso. Addirittura, se non ho capito male, la tensione all’ingresso dell’IC (quindi quella fornita dalla sorgente) deve essere doppia rispetto all’uscita, altrimenti fallisce il controllo di Under Voltage LockOut. Non sono così esperto di raccolta di energia da sensori piezoelettrici, o da onde RF o ancora per effetto termoelettrico Seebek, ma considerando che un microcontrollore di ultima generazione classificato come low Power è alimentato ad una tensione minima di 1.8V, questo mi lascia pensare che per soddisfare la specifica sul corretto funzionamento dell’IC, è necessaria una tensione di 3.6V minimo. Dall’articolo sembrerebbe che questa condizione si riesce a soddisfare anche abbastanza facilemente, ma le dimensioni dei sensori a quanto ammontano? Quanto sono grandi gli avvolgimenti patch da realizzare per estrarre l’energia necessaria RF, o fissate le dimensioni, quanta potenza deve erogare la sorgente RF per garantire la giusta raccolta di energia? Sono tutte domande che faccio da ignorante sull’argomento, e non ho letto tutta l’application note ufficiale, anche se mi riprometto di farlo a breve, ma ho grande interesse ad approfondire l’argomento, è davvero una gran figata potersi completamente svincolare dal dover sostituire ogni tot le batterie dei nostri sensori / apparecchi.
Ritornando al fatto del buck, secondo la mia concezione su questa tecnologia, mi sarei aspettato piuttosto un boost, cioè che la tensione in uscita fosse più alta rispetto a quella in ingresso, ma a quanto pare mi sono dovuto ricredere.
La cosa interessante di questa tecnologia è l’alta ottimizzazione delle struttura e dell’architettura del convertitore, a bassissime perdite e quindi ad alta efficienza.
Leggendo l’articolo mi è saltato all’occhio una cosa: cioè che come è stato detto, “i pannelli solari di piccole dimensioni […] sono in grado di produrre 100s di mW/cm2 in condizioni di luce diretta”.
tralasciando il 100s che avrei scritto come centinaia, mi è sembrato 100mW/cm² una quantità parecchio alta! ho riportato il valore in W/m² e viene che se mettessi un pannello di un metto quadro a prendere il sole, questo produrrebbe 1 chilowatt (nell’ipotesi che quella s delle centinaia non ci sia), assumendo 100mW/cm². Se questo fosse giusto l’efficienza sarebbe maggiore di 1! Cioè se io mi mettessi sotto al sole con la mia calcolatrice, quella assorbirebbe più energia di quanta gliene stia arrivando. (nota: in genere nelle giornate più assolate, il sole non supera 800 W/m² di irraggiamento)
Tralasciato l’aspetto tecnico, questi sistemi di energia sono molto utili in applicazioni a bassissimo consumo. Non so fino a che punto possa servire la raccolta di radiazioni EM, visto che in genere si cerca di minimizzare le radiazioni disperse, ma va bene sapere che esiste qualche sistema per raccoglierle. come si dice… “con beneficio di inventario”
Mi sembra infatti poco pratico mettere due piastre di rame vicino a una lampada a fluorescenza per recuperare 200µW! Se lo vediamo da un punto di vista estetico non funziona proprio, da un punto di vista economico, nemmeno (tra integrato, capacità, induttori e piastre di rame, uno non se la ripaga mai la spesa iniziale), e dal punto di vista dell’ecocompatibilità nemmeno, infatti 200µW non sono praticamente niente. Se andiamo a vedere quanto è costato in termini di CO2, petrolio, ed altri inquinanti la produzione e messa in uso del sistema, sono sicuro che anche qui non basta una vita per far tornare i conti!
Ci sono altri tipi di modi comunque per raccogliere l’energia che andrebbe altrimenti sprecata. Ad esempio un mio amico ha un orologio con dentro una massa che quando muove l’orologio, ruota producendo energia. In pratica basta camminare, o fare qualsiasi cosa per caricare l’orologio. Questo certamente influisce sul peso complessivo, ma guardando che razza di orologi vanno di moda al giorno d’oggi, non mi sembra la fine del mondo. Personalmente comunque non porto orologi, mi fanno pesare il braccio.
Un pò di fiducia la ripongo negli energy harvester ad effetto Seeback, specialmente nei sistemi di cogenerazione, per il recupero del calore di scarto. L’unico inconveniente è che al giorno d’oggi hanno un prezzo proibitivo rispetto all’efficienza che forniscono. Peccato!
Il problema comunque è di fondo e anche abbastanza grave. Per riuscire a sfruttare questi sistemi, noi utilizziamo come fonte di energia il calore, che probabilmente è la meno nobile tra le fonti di energia, e riuscire a estrarre energia utile da una di scarto (il calore è un prodotto di scarto di praticamente ogni processo chimico o fisico) è come produrre energia elettrica dai termovalorizzatori. Certamente qualcosa ne esce fuori, ma il riciclaggio sarebbe migliore!.
Sarebbe interessante vedere come le altre aziende stanno affrontando il problema dell’energy harvesting. La linear technology è una delle migliori aziende, ma non l’unica.
“Prima di arrivare a sviluppare applicazioni che convertono potenze così basse, si è dovuto passare dallo step di ottimizzazione dei carichi”
Quello che si fa in pratica è l’adattamento di impedenza, e andrebbe fatto sempre, non solo quando l’energia in gioco è poca, anzi, quando si tratta di impianti molto grossi e potenti, è ancora più d’obbligo l’utilizzo di sistemi che adattano il carico e/o lo rifasano.
Non devi stupirti di trovare un convertitore buck per il recupero di energia da sensori piezoelettrici. infatti una delle caratteristiche di questi sensori/attuatori è di lavorare ad altissime tensioni. Non è un caso se vengono utilizzati per fare la scintilla negli accendini. Anche dal lato attuatori hanno bisogno di tensioni di alimentazioni molto alte per poter muoversi di una quantità apprezzabile. Ne stavo parlando un giorno con un mio prof di fisica. Gli avevo chiesto come si faceva nei microscopi a scansione a effetto tunnel a muovere la punta del sensore di quantità atomiche. Mi rispose che vengono usati proprio degli attuatori piezo elettrici che permettono, dato un ingresso di alimentazione elettrico, di ottenere uno spostamento della puntina di qualcosa nell’ordine dei nanometri/V, pazzesco.
tornando al convertitore buck, quello c’è appunto perchè dal sensore piezoelettrico, sicuramente esce una tensione maggiore di quella necessaria sul carico.
“ma considerando che un microcontrollore […] è alimentato ad una tensione minima di 1.8V, questo mi lascia pensare che […] è necessaria una tensione di 3.6V minimo.”
Se avessi studiato un pò di elettrotecnica, sapresti bene che quelle che sono state date sono le condizioni per il massimo trasferimento di potenza. è l’adattamento in potenza quello che si cerca, né quello in tensione, nè quello in corrente. Ora non mi va di mettermi a fare tutte le dimostrazioni, ma mettiamo che hai un generatore DC da 3,6V con una resistenza R di uscita. Sai che la condizione di adattamento in continua ce l’hai quando la resistenza di ingresso del carico è uguale a quella del generatore (a radiofrequenza bisogna vedere anche le parti immaginarie). A quel punto se fai un partitore di tensione tra le due resistenze uguali in serie, vedi che la tensione sul carico (che è il convertitore buck, boost o quello che ti pare) è giusto la metà, cioè 1,8V. Se poi consideri che la corrente che scorre è 3,6/(2R) e fai P=I*V, ti rendi conto che stai trasferendo sul carico appena un quarto della potenza prodotta dal generatore.
“Quanto sono grandi gli avvolgimenti patch da realizzare per estrarre l’energia necessaria RF,Sono tutte domande che faccio da ignorante sull’argomento,”
Se avessi letto un pò meglio l’articolo ti saresti reso conto che si parla di harvester (in inglese rende meglio che in italiano) capacitivi costituiti da “Due pannelli di rame delle dimensioni di 12pollici x 24pollici (circa 30cm x 60cm)”. Probabilmente ti sei confuso con il trasferimento wireless dell’energia che si usa farlo avvenire con antenne a spirale, accoppiate ed accordate a una certa frequenza.
Dubito comunque che riusciremo a sbarazzarci facilmente delle batterie. Se ci pensi inoltre questi sistemi servono a recuperare le dispersioni di energia, e diciamo che meno ce ne sono e meglio è… Le batterie costituiscono ancora una fonte molto grossa di energia, e non sono assolutamente sostituibili con degli harvester di alcun tipo.
Trovo molto interessante la parte relativa al trasduttore Seebeck, e mi viene da pensare alle innumerevoli applicazioni. Per esempio in un’automobile ,sfruttando tipo il calore dei collettori di scarico (magari dosando bene la distanza dagli stessi collettori visto che si possono raggiungere temperature non proprio in linea con le temperature massime sopportabili da un trasduttore Seebeck). In più la cosa che mi attrae di più è che il circuito non necessita di batterie ma si autoalimenta.
Riguardo l’efficienza è vero, non è il massimo ma facendo un giro sul sito della Tellurex ci sono trasduttori in grado di tirare fuori potenze tra 1.3 e 7W a una ΔT=100°C , non male. Bisognerà comunque aspettare sviluppi nel campo delle termocoppie per dispositivi più efficienti. Intanto mi godo il fascino di questo progettino e penso magari anche a costruirmene uno.