L’incidente occorso al volo Air France 447, precipitato nell’Oceano Atlantico a metà strada tra Rio de Janeiro e Parigi il 1 giugno 2009, si inserisce in quella lista cui appartengono i misteri dell’aviazione perché, sebbene sia stato ricostruito un quadro piuttosto credibile, restano ancora dei punti oscuri. Inoltre, questa tragica fatalità ha fatto emergere quello che da tempo viene descritto come uno dei problemi futuri dell’aviazione: il paradosso dell’automazione.
Incidente Air France 447: sistemi tecnologici e piloti
L’incidente dell’Air France 447, infatti, oltre a provocare la morte di 228 persone, ha anche evidenziato come, nella catena di tragici eventi, l’errore umano possa avere un ruolo fondamentale anche a fronte di sistemi tecnologici sofisticatissimi, come quelli dell’Airbus A330 della Air France.
A prova di questa evidenza è stata pubblicata, dal sito Popular Mechanics (ripresa dal libro ‘Errori di pilotaggio volume 5’ scritto dal pilota Jean Pierre Otelli) , la trascrizione degli ultimi minuti di conversazione trai piloti all’interno del cockpit. Da questi stralci si evince come la situazione sfuggì di mano al meno esperto e più giovane dei piloti, i cui successivi tentativi riparatori non andarono a buon fine, nonostante la presenza di due esperti colleghi.
Cockpit Airbus A330
Tralasciamo in questa sede l’attribuzione di eventuali colpe e passiamo ad una breve descrizione degli elementi salienti nella catena di eventi che ha provocato l’incidente dell’Air France 447, per poi estrapolare un giudizio circa gli effetti che la convergenza tecnologica ha sui piloti, soprattutto giovani. Allora, Airbus A330 dell’Air France lascia Rio de Janeiro alle 22:03 e alle 02:08 entra in una zona di forte turbolenza, con le temperature che scendono drasticamente causando il congelamento dei tubi di Pitot (strumento utilizzato per misurare la velocità di un fluido e nel caso specifico per rilevare l’esatta velocità dell’aereo) e impedendo una corretta segnalazione della velocità.
I tubi di Pitot
Il pilota automatico a questo punto viene disattivato automaticamente. Nell’analisi del disastro questo passaggio è fondamentale, perché i piloti avrebbero dovuto prendere il controllo manuale dell’aereo e rispondere tempestivamente al malfunzionamento dei sensori di rilevamento della velocità ad alta quota. Ma questo non era un requisito previsto per la formazione dei piloti di Airbus al tempo dell’incidente dell’Air France 447. In parole povere, causa presenza tecnologica efficiente e di altissimo livello, i giovani piloti non devono necessariamente essere addestrati a comandare manualmente un aereo, neanche nei momenti cruciali. Perché? Si tratta di tagli di costi nei training oppure estrema fiducia nei mezzi non umani a disposizione? Se si leggono le trascrizioni degli ultimi drammatici minuti, si capisce come il panico e l’errore umano abbiano preso il sopravvento prima dello schianto.
Il controllo manuale prevede un ridotto margine di errore e la velocità di crociera ideale per un Airbus A330 è di circa 560 miglia orarie (circa 900 Km/h). Se si va più veloci, il lift si sposta verso l’ala, spingendo la punta verso il basso e aumentando la velocità, fino a raggiungere rapidamente la velocità del suono. A questo punto, si sviluppano delle onde d’urto sulle ali che interrompono il flusso d’aria e riducono l’effetto di lift (che tiene sospeso l’aereo); la punta dell’aereo viene quindi spinta in picchiata e il pilota potrebbe non essere in grado di recuperare la situazione. Al contrario, se la velocità è troppo bassa, l’aereo va in stallo e precipita. Per generare il lift c’è bisogno che venga mantenuta una velocità minima, la quale va poi aumentata in modo direttamente proporzionale all’altitudine. Ad un’altezza di circa 35.000 piedi (10.000 metri), il gap tra troppo veloce e troppo lento si assottiglia. In questi casi c’è bisogno di un intervento deciso e sicuro dei piloti, che purtroppo non erano addestrati a farlo nel caso dell’incidente dell’Air France 447. Alta conoscenza dei mezzi tecnologici e bassa capacità di iniziativa personale in caso di assenza di supporto elettronico.
Il mistero dell’allarme di stallo
L’airbus A330 possiede un sistema integrato di allarme, in caso di stallo, che è progettato perché sia impossibile ignorarlo: i piloti del volo Air France 447 lo hanno fatto, nonostante le ripetute segnalazioni. Perché? In questo caso la tecnologia è altamente affidabile, perché nel momento in cui l’aereo si trova in stallo, una voce umana sintetizzata (di quelle che mettono ansia) e fastidiosa ripete la parola ‘STALL’. La spiegazione più probabile è che i piloti non abbiano creduto fosse possibile uno stallo, e l’idea non è affatto inverosimile: l’Airbus è un aereo fly-by-wire e gli input di controllo sono inviati ad un computer, il quale poi comanda a turno degli attuatori che muovono gli alettoni, il timone, gli stabilizzatori e i flap. Per la maggior parte del tempo, il computer opera all’interno di un contesto che è definito Normal Law (il sistema normale che permette la protezione dallo stallo e il mantenimento nell' inviluppo di volo). Come ha detto un istruttore di volo di Airbus A330, Godfrey Camilleri, ‘non è possibile mandare in stallo un aereo in Normal Law’, per cui i piloti devono aver pensato che il segnalo di stallo fosse un’anomalia e quindi l’hanno ignorato. Ma una volta che il computer ha perso i dati sulla velocità aerodinamica, il pilota automatico si disconnette e il sistema passa da Normal Law ad Alternate Law. In Alternate Law, l’aereo può andare in stallo.
Conseguenze dell’incidente dell’Air France 447: il paradosso dell’automazione
Il disastro dell’Airbus A330 potrebbe aver messo in luce una nuova minaccia per l’aviazione. Negli anni, infatti, le compagnie aeree hanno realizzato velivoli dotati di funzioni di controllo automatizzate sempre più evolute, che hanno come scopo quello di eliminare, o ridurre, il pericolo e l’incertezza. Tuttavia, hanno anche rimosso importanti informazioni dall’attenzione dell’equipaggio di bordo: mentre l’avionica traccia alcuni parametri cruciali come la localizzazione, la velocità, ecc., i piloti possono prestare attenzione ad altro. Ma quando si presenta un problema serio e il computer decide di non poterlo più affrontare, come accaduto nell’incidente dell’Air France 447, il pilota potrebbe trovarsi di fronte ad una situazione tale da non possedere le dovute nozioni per uscirne. A quel punto si comincerebbe a chiedere quali strumenti sono affidabili e quali no, quale la minaccia più incombente o, più generalmente, che cosa stia succedendo! Sfortunatamente sono pochi i piloti ad avere una esperienza tale con un certo tipo di problemi.
Una paura giustificata
L’articolo scritto da Jeff Wise per Popular Mechanics mette in evidenza l’errore umano, escludendo quasi del tutto l’errore tecnologico (se pur c’è stato, sarebbe dovuto essere facilmente superato).
La reazione che suscita è di terrore, diciamolo pure, perché viene dato risalto ad un fatto gravissimo: i piloti degli aerei di linea non sono addestrati per le emergenze in caso di malfunzionamento dell’avionica? Mi piacerebbe sapere, in questa sede, che qualche pilota intervenisse per dare un suo contributo, una testimonianza circa il proprio addestramento e capacità di reazione ad una situazione simile a quella in cui si è verificato il disastro dell’Air France 447.
In conclusione
Nessun problema tecnico, l’incidente è stato causato da un errore umano. Una fredda sentenza, che riflette il cinismo con cui sono stati dati in pasto alla stampa gli script delle comunicazioni tra piloti negli ultimi drammatici minuti di volo, come a voler dire: ‘
E’ palese, la colpa è solo loro!’. In realtà, quei tre uomini nel cockpit hanno fatto il possibile perché era in gioco anche la loro vita, e se la gravità della situazione andava oltre le loro possibilità, il dito è da puntare contro qualcun’altro..

Io non credo proprio che la colpa sia solo dei piloti. Anzi! Se ci fossero stati sistemi in grado di lavorare in concomitanza con i tubi di Poirot per rilevare la velocità effettiva(mi viene in mente qualcosa tipo GPS) e quindi riscontrare l’anomalia dovuta al congelamento, la situazione di stallo che si è presentata ai piloti, sarebbe stata sicuramente presa in modo diverso. Il sistema in questo modo li avrebbe portati immediatamente a prendere il controllo manuale del velivolo evitando lo stallo. Questo per dire che l’errore umano è entro un certo limite visto che le informazioni date erano sbagliate. Comunque mi ricordo della notizia di questo incidente e ricordo anche che la colpa inizialmente era stata attribuita addirittura ad un fulmine che aveva colpito l’aereo mandando il tilt i circuiti.
E’ notizia attuale su tutti i telegiornali, il naufragio della Costa Concordia.
Le cabine di comando, navali o aereonautiche hanno sistemi di controllo ridondanti con spesso alcuni strumenti diversi che controllano parametri simili in tempo reale.
Impostate le rotte, avioniche o marittime, l’uomo (in questo caso con la u minuscola)
dovrebbe solamente limitarsi ad una posizione di controllo, attivando le procedure solo in caso di anomalia (che non cè stata nel caso della Costa Concordia)
Certo poi delle capacità umane di intervenire manualmente, se ne potrebbe parlare, ma di certo la stupidità è difficile prevenirla.
A volte mi chiedo come sia possibile cadere così in basso con errori madornali come quello della Concordia..
Ma immagino quanti e quali sofisticati strumenti per prevenire cose simili.. eppure
Oggi ho visto in TV la traccia del radar di qualche stazione di terra che ricostruiva la rotta e la velocità della nave, ma mi chiedo a cosa servono tutti questi controlli se poi nessuno interviene …
quelli del radar quando hanno visto velocità e direzione della nave dov’erano ? non potevano chiamare e chiedere cosa stavano facendo?
Ma io resto allibito .. allora era ancora meglio viaggiare a vista con l’omino sull’albero maestro .. hi
L’errore umano nel caso dell’incidente Air France è palese nelle registrazioni, che forse però non sarebbero dovute essere pubblicate..In ogni modo, il fatto di mettere piloti inesperti e poco allenati agli imprevisti, affidandosi quasi esclusivamente alla tecnologia è sbagliato. La colpa non è quindi dei piloti ma di chi pensa al loro addestramento.
Poi non dimentichiamo che quando cade un aereo si verifica sempre una catena di eventi sfortunati, oltre ai possibili errori umani..basta ricordare cosa successe a Tenerife nel 1973 (credo..) quando due 747, uno Pan Am e l’altro KLM si scontrano in fase di decollo causando centinaia di morti e la più grave sciagura aerea della storia. Il pilota Pan am aveva decine di anni di esperienza e quello Klm addirittura era considerato uno dei migliori dell’epoca..
Nel caso della Concordia, invece, sembra (ma è presto per dirlo) che il comandante se la sia pure svignata.
A volte la troppa esperienza e la convinzione delle proprie capacità portano a scavalcare le procedure che un “novellino” osserverebbe in tutto e per tutto evitando
tragici errori.
Hanno responsabilità altissime! come dicevo anche nell’articolo, spesso il pilota, o capitano, è la punta dell’iceberg di una serie di malfunzionamenti, omissioni ed eventi sfortunati. Io non credo che basti solo un errore per causare incidenti di questo tipo.