
Questi gli argomenti che avrei voluto raccontare ieri a UNOMATTINA, ma che non era possibile presentare, data la pervasiva tendenza a spezzettare ogni discorso in decine di secondi o in poche righe. Forse scriverò un libro sui modi illusori di aumentare le velocità di spostamenti e di trasmissione dei messaggi -- spesso inibendo proprio il raggiungimento degli obiettivi prefissi.
Pare che molti ragazzi e giovani stiano attaccati per giornate intere a PC, tablet, smartphone, playstation.
Chattano e si scambiano in tempo reale messaggini e link a video e vignette. Molto materiale è in inglese – abbastanza istruttivo. In parte è spiritoso – in buona parte modesto o sciocco. In qualche caso i ragazzi diventano così dipendenti da questi apparecchietti che non combinano più niente e vanno male a scuola. Alcuni genitori se ne preoccupano e lamentano gli “effetti deleteri della tecnologia”. Ripetono che al tempo loro non succedeva e impongono limiti stretti di tempo entro cui sia permesso usare quelle connessioni, oppure fanno sparire del tutto i gadget..
È vero che quei gadget sono assuefacenti. Ci fanno evadere da situazioni poco gradevoli e ci immergono in ruoli fittizi – piacevoli, stimolanti, in cui abbiamo facili successi assicurati. Non è una novità: molti dei nostri nonni sprecavano tempo giocando, a carte, a biliardo o assistendo a spettacoli modesti. Vincere partite a carte o a scacchi dà un certo piacere, anche se non siamo tanto bravi e abbiamo avversari poco abili. La letteratura di evasione è fatta di romanzi rosa o di avventure: ci immedesimiamo in personaggi drammatici e dimentichiamo le nostre noie. Alcuni di noi guardano film e per due ore assumono la personalità dei protagonisti.
Da quelle gratificazioni antiche, si è fatta molta strada. Invece dei rettangolini delle carte da gioco, abbiamo videogiochi molto realistici. Le immagini sono migliori di quelle del cinema. Dentro di esse siamo forti, agili e abili nell’uso di armi con cui sterminiamo nemici anonimi. Vediamo schizzi di sangue e, se veniamo uccisi, resuscitiamo subito. Nei videogame pilotiamo eroi ed eserciti e li possiamo vivere da lontano o ingrandire battaglioni e personaggi fino a riempire lo schermo. In giochi meno estremi usciamo da labirinti evitando fantasmini, colpiamo bersagli, distruggiamo muraglie, superiamo abissi, evitiamo trappole.
I ragazzi hanno risorse, abilità, potere limitati. È comprensibile che si attacchino a questi oggetti (che danno loro superficiali sensazioni di successi) anche in misura smodata. Se lo fanno fino a trascurare la loro evoluzione personale e l’apprendimento, se si distaccano dalla realtà, fanno male a sé stessi.
Come evitarlo?
Le proibizioni e i limiti imposti possono essere efficaci. In casi estremi sono inevitabili. Però sono misure analoghe ai regolamenti burocratici: ben radicati in contesti lavorativi non entusiasmanti e arduamente atti a stimolare creatività ed evitare abitudini malsane, come i coinvolgimenti eccessivi con i gadget. Con regole troppo strette, si allevano burocrati privi di immaginazione.
Piuttosto che mettere un ragazzo in un collegio in cui siano vietati tutti i gadget, è meglio motivarlo non argomenti veri. È vero che saper svolgere compiti difficili consente di avere impieghi interessanti e ben pagati. È vero che se capiamo il mondo naturale e quello artificiale, evitiamo errori e abbiamo a disposizione più scelte. È vero che studiare i meccanismi della biologia, della finanza, dell’organizzazione, della fisica è più divertente che studiare le regole dei giochi. Però non basta dirlo ai giovani, perché è anche vero che il mondo reale è più complicato dei giochetti e si fatica a capirlo bene. Le motivazioni giuste non vanno imposte, ma vissute. Faremmo bene a cambiare il mondo – non con riforme amministrative, ma creando ambienti in cui si parla (in modo abile, comprensibile, avvincente) di cose vere e interessanti. Se gli adulti parlano di argomenti evanescenti, di piaceri miseri, di pettegolezzi irrilevanti, non c’è da stupirsi che i giovani si consolino con giochi e chiacchiere da poco.

Capita se non sei registrato o se non hai fatto il log in al sito 🙂
Nulla di grave 🙂
Devo confessare che per me risulta particolarmente difficile esprimermi su questi temi perché per diverso tempo ho utilizzato videogames anche con amici reali via Internet.
Devo confessare di aver passato diverse ore davanti a questo genere di programmi ed in alcuni di essi era diventato anche piuttosto bravino.
Non certo la maggior parte ma una buona quantità di questi giochi erano anche piuttosto violenti.
Dalla più “modesta” forma dell’omicidio su commissione ho anche sperimentato un titolo che si ispira agli snuff movies.
Voglio specificare innanzitutto, per dare un’opinione più completa, qual è stato il ruolo della mia famiglia in tutto questo.
Io non ho avuto accesso in alcun modo ad alcuna forma di videogioco prima dei 14 anni. Non ho avuto alcuna consolle prima dei 15. Ho avuto un computer sul quale giocare che fosse “mio” (ovvero a mia disposizione) appena passati i 14 anni.
I primi videogiochi che qui ho giocato sono stati i classici Tetris, Pacman e così via dicendo.
Nei primi sei mesi di videogiochi ho sperimentato tutti i più grandi classici di sempre.
Il motivo per cui non avevo potuto avere accesso prima è stato che non avevamo un computer in casa quindi non si poneva per nulla il problema.
Quando il computer lo abbiamo avuto a disposizione, mi è sempre stato concesso di videogiocare salvo rispettare alcune regole relative ai tempi massimi (per intenderci, la classica “mezz’ora e poi basta”).
I miei genitori non mi hanno mai negato le cose ma mi hanno sempre educato in maniera tale da avere una loro presenza costante ed una chiarissima indicazione sulle sole cinque o sei cose che assolutamente nella vita non mi sarebbero mai state permesse di fare.
Al di là di questo, i miei genitori sono stati molto illuminati nel trattarmi perché si sono resi subito conto che, un po’ perché ero un bambino un po’ per come sono fatto io d’indole, un divieto avrebbe immediatamente causato una mia reazione contraria di soperchieria che mi avrebbe portato disobbedire per principio.
Ecco, detto questo, io ho potuto passare davanti ai videogiochi, anche molto violenti, diverse ore. Mi sono autoregolamentato sul tempo che ci potevo passare davanti e, devo confessarlo, ho compiuto virtualmente ogni genere di crimini umanamente concepibile.
Ho rubato auto, ho giustiziato persone, ho combattuto in Afghanistan e tutta una serie di altre cose che mille altre persone hanno fatto.
Tuttavia quando mi sono trovato di fronte a videogiochi di una violenza talmente gratuita e talmente estremizzata da non avere neanche il poco verosimile pretesto del senso di una realtà virtuale molto cruenta, ed è il caso di quel vizio gioco sugli snuff movies di cui parlavo prima mi è bastato provarlo per due minuti per rendermi conto che ci deve essere un limite a tutto!
E voglio essere anche chiaro su un punto: produttori, sviluppatori e distributori di questo titolo sono anche gli stessi che distribuiscono e sviluppano uno dei miei videogames preferiti, ovvero il franchise GTA.
Cosa voglio dire?
Voglio dire che il ruolo dei genitori è centrale nell’educazione e nel comportamento dei figli.
Voglio dire che io non sono assolutamente d’accordo sull’idea che i genitori debbano vietare le esperienze.
Io credo fermamente che sia importante che un figlio venga seguito nel senso che il genitore deve essere disponibile in ogni singolo istante della crescita del figlio per supportarlo e guidarlo in un mondo che non sarebbe in grado di gestire da solo.
Tuttavia è necessario che lo si lasci libero di sperimentare la sua forma di autoregolazione perché se il figlio non matura lo spirito critico necessario per sapere quando il caso che lui stesso senta il desiderio di fermarsi, allora il processo di maturazione non può considerarsi completo.
Mi rendo conto che è difficile. Tremendamente difficile. Ma i figli hanno il diritto di trovare genitori preparati a comportarsi in questo modo perchè (ed ora dirò una cosa particolarmente banale!!) loro non hanno chiesto di nascere.
Una componente di questo discorso non può non essere l’equilibrio psichico. Non sarebbe responsabile se non trattasse questo argomento.
Tuttavia buona parte dell’equilibrio psichico di un bambino deriva dalla possibilità che lui ha di dare sfogo alle sue “pulsioni” ed è proprio per questo che io non ritengo giusto che si castri lo spirito di naturale espansione del bambino che prova a sperimentare tutto quello che ha intorno a sé. Quando un neonato comincia a mettere le cose in bocca lo fa perché cerca il primo contatto con gli oggetti.
Ci familiarizza, prende le dimensioni del mondo che lo circonda.
E non è giusto fermarlo.
Certo, esiste una componente non trascurabile di questo esempio ed è il fatto igienico però esistono giocattoli a posta, sufficientemente morbidi da farsi masticare ma non abbastanza da farsi rompere e di ingoiare. Perché l’idea che lui sperimenti con la bocca deve essere lasciata libera!
Da un lato è vero che utilizzare strumenti interattivi come videogames oppure meno interattivi come la televisione e guardare film o altro mina alla base la creatività. Io sono cresciuto, entro i 14 anni, giocando prevalentemente con le Lego. Ecco, se posso permettermi di dare un consiglio a chi sceglie di diventare genitori oggi ed ha da tormentarsi con la domanda “che cosa devo permettergli di fare?” bene, credo che ci sia un mondo infinito di cose da fare con quei benedetti mattoncini prima di buttarsi nei videogiochi elettronici. 🙂
Tuttavia, quando vi renderete conto che avete cresciuto un figlio responsabile, che sa essere generoso, disponibile, gentile per piacere, non negategli la gioia di provare la serie The Sims 🙂
Anche GTA non è che ci va molto leggero con la violenza. Non è uno snuff movie, ma dopo essere andati con una prostituta, prenderla a bastonate e rubargli i soldi non credo sia molto educativo. Certo nemmeno la censura lo è ma un videogame del genere è sicuramente un problema per i genitori che vogliono educare sanamente i propri figli.
Il popup dovrebbe apparirti una volta sola. Forse c’è un problema di cookie sul tuo browser….. comunque basta entrare a far parte della community 😉
Mi ricordo il giorno che uscii il gioco Tomb Raider su Playstation, corsi a comprarla ed in meno di un mese riuscii a completarlo, poi comprai anche Resident Evil ed anche quello in un paio di settimane riuscii a finirlo.
Però poi feci i conti dei soldi guadagnati quel periodo (già lavoravo in proprio come progettista elettronico) e non superai le 200mila lire…… comprai il giornale PortaPortese e misi tutto in vendita!
Ma è per questo motivo che ho proposto The Sims come esempio positivo 🙂
Già… Dire che il tempo è tiranno è dir poco… buona parte della mia invidiabile collezione è in vendita… 🙁
Vorrei dire a tal proposito solo 2 cose:
1. Il genitore è il mestiere più difficile del mondo, molto più che occuparsi di elettronica quantistica o di filosofia teoretica. È l’unica “professione” che si impara a proprie spese, non ci sono libri da cui imparare la retta via, ti puoi solo rifare a consigli di chi ci è passato prima, ma il problema è che ogni figlio è una storia a sè. Con lui/lei, l’obiettivo è non essere nè buoni n’è cattivi, ma giusti. Cosa umanamente alquanto difficile
2. La questione dei videogiochi è purtroppo una delle tante componenti che mostrano come sia cambiata la nostra società negli anni. I valori sono sempre quelli, ma cambia l’approccio ai valori che oggi hanno i giovanissimi. Si spostano i punti di vista: quando andavo a scuola io, se il maestro diceva che ti eri comportato male, a casa non esistevano ragioni, eri colpevole a prescindere. Oggi se il prof si azzarda a dire una cosa del genere, magari le prende dal genitore dell’alunno. Se vai sulla metro praticamente ti ritrovi in mezzo a discussioni continue tra il giovane bulletto che mette i piedi sulla sedia e la signora che è in bilico tra il prenderlo a schiaffi e l’atteggiamento iper-permissivo perché, come si dice a Roma, “sò ragazzi”. La tecnologia, o meglio la dipendenza da tecnologia, è un esempio del fatto che oggi non solo i ragazzini hanno poco controllo su sè stessi (sarebbe anche normale) ma in primis i loro genitori non riescono a trasmettere loro l’importanza di averne. Vorrei poter dare delle risposte a tutto ciò, ma non sono un sociologo. O semplicemente devo vivere ancora un bel po’ di tempo prima di poter arrivare a delle giuste conclusioni, ammesso che ce ne siano. Nel frattempo, mi consolo con una piccola polemica rivolta più a me stesso che agli altri. Se la politica dovrebbe essere in primis educazione, perché vengono usati i media per bombardarci di messaggi pubblicitari e/o elettorali quando questo enorme potere potrebbe essere impiegato per far circolare messaggi positivi? Non ne occorrono di trascendentali, basterebbe anche qualcosa ritenuto ormai banale come il portare un po’ di rispetto ai genitori o a chi si suppone abbia un po’ più di esperienza di vita di noi. Per quanto è anche vero che il rispetto va conquistato……
Queste sono riflessioni che allargano il discorso in maniera piuttosto considerevole… credo che mi prenderò del tempo per trattare questi temi uno alla volta 🙂 Ci risentiamo stasera 🙂
In effetti devo essere finito un po’ O.T. . Scusate, l’ora era tarda….. 🙂
Dunque, ho letto con grande interesse il tuo commento e sono sicuro che hai scritto queste righe con grande intensità e sentimento.
Non sei assolutamente Off Topic perché se “epidemia” c’è su questi temi riguarda sicuramente il ruolo di tutti noi. Osservatori, protagonisti, estranei, familiari, parenti… Tutti!
Sul primo punto, in particolare, vorrei dire che io sono assolutamente d’accordo con te. Fare il genitore ritengo sia il mestiere più difficile di sempre, da sempre e per sempre. Non c’è una scuola, non ci sono libri, non c’è nessun insegnante. Non ci sono opinioni, non ci sono criteri. Non ci sono trucchi e non ci sono scorciatoie. Ci sono soltanto risultati per ogni singola cosa che si è fatta. Risultati. Che è sinonimo di conseguenze…
Questa è una realtà dura alla quale doversi arrendere ma le cose stanno così!
Ecco perché dico che ci si può soltanto onestamente approcciare al problema comportandosi provando ad essere onesti intellettualmente e sempre perennemente a disposizione. Almeno, credo. E lo credo perché questo è stato fatto con me.
Per quanto riguarda il secondo punto, invece, tu ancora una volta hai perfettamente ragione. Sono nuove componenti di un panorama perennemente in evoluzione in cui sono cambiate le persone, il modo di pensare, le loro aspettative, le loro abitudini e le loro aspirazioni. Quello su cui non sono affatto d’accordo è che i valori siano sempre quelli. Proprio l’esempio che fai tu, quello della scuola, dimostra esattamente che sono i valori ad essere stati completamente sradicati. Non esistono semplicemente più.
Il rispetto non va semplicemente conquistato: un bambino deve essere educato partendo dal presupposto che chiunque, a prescindere, merita rispetto. Un bambino bisogna educarlo insegnandogli il rispetto dell’essere connaturato con l’idea che si tratti di un altro essere umano e non concesso.
Ad un bambino bisogna insegnare che il rispetto si può soltanto togliere non si può scegliere di darlo. E ad un bambino bisogna insegnare che soltanto una grave violenza nei suoi confronti può essere un motivo per togliere il rispetto. Così gli si insegna un valore. Un modo di vivere.
Ma io ancora una volta credo che siano i genitori a dover fare questo. Non la scuola, non il prete, nessuno. Solo la famiglia.
Perché soltanto in famiglia, soltanto con la famiglia, si possono imparare i valori. Gli altri semplicemente non sono titolati ad insegnare niente di simile.
Ma adesso forse sono io che sto andando un po’ fuori tema 🙂
Beh, non tutti possono dire la stessa cosa…
Fai statistica positiva in tal senso… 🙂
Sull’assenza di valori, è probabile che sia come dici tu. Del resto, quando ogni giorno assisti a certe scene o senti certi discorsi, sia dai giovanissimi che dagli adulti, è difficile credere che nella società attuale siano rimasti i valori “sani” della società passata.
Tuttavia continuo a credere che i valori non siano andati perduti, ma siano solo ricercati in modo diverso (spesso sbagliato). Rifacendomi all’esempio che ho citato, il genitore che vuole dare protezione al figlio è un valore che non tramonta: ieri dava a priori torto al bambino per prepararlo magari alle difficoltà future della vita, mentre oggi scade nell’iper-protezione dandogli sempre ragione, rendendolo di fatto meno pronto ad affrontare da solo le avversità. Oppure: l’alunno che non prende sul serio il professore è una cosa che solo a pensarci mi fa imbestialire. Poi però mi viene in mente che, oltre alla goliardia data dal contesto e dalla sua giovane età, spesso un ragazzino si comporta così perché non riconosce nell’insegnante autorevolezza (cosa diversa dall’autoritá) : una volta il rispetto era dovuto anche solo per via dell’età , oggi lo si cerca per merito effettivo. Possiamo discutere se questo sia giusto o meno (personalmente sono d’accordo con te, l’età maggiore implica già di per sè rispetto, e a tale considerazione si andrebbe educati…) ma comunque io leggo la cosa come ricerca di un valore: per l’appunto, l’autorevolezza. E la ricerca di figure in gamba ed autorevoli a guidarci nella società credo sia un altro valore “permanente”. Spesso gli adulti, che dovrebbero guidare le nuove leve, sono tutt’altro che modelli da seguire, e questo i giovani lo sentono e ne risentono.
Sulla famiglia, beh, come darti torto….. 🙂