
Questa estate, prima di partire per le vacanze, ho deciso di "staccarmi" dai soliti libri di elettronica e tecnologia (ed anche di marketing ed economia) per dedicarmi a delle letture più "leggere". Così mentre ero da Feltrinelli in un giro perlustrativo, mi trovo davanti una pila di Open, di Andre Agassi. Ne avevo sentito parlare molto bene l'anno scorso e quindi ho pensato: quale libro migliore di una biografia di un tennista per un'estate spensierata? Purtroppo (e per fortuna) così non è stato!
La vita di uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi è stata tutt'altro che Open, termine che beffardamente indica i più importanti tornei di tennis, diventati nell'era moderna aperti a tutti. Infatti la sua infanzia è stata segnata da un padre padrone che lo costringeva a giocare a tennis, mattina, pomeriggio e sera, tutti i giorni. Le convinzioni del padre di Agassi erano semplici: se colpisci 2500 palle al giorno, quindi 17500 palle la settimana, arrivi ad 1 milione di palle colpite in un anno, quale altro bambino sarà in grado si superarti con una simile preparazione? Diventerai sicuramente il numero uno!
La matematica non sbaglia e spesso nemmeno i ragionamenti che si basano su essa, infatti Andre Agassi è diventato numero uno del mondo!
Questo però al prezzo di aver dovuto rinunciare alla propria adolescenza e portare i traumi di tali imposizioni fino in età adulta, per poi liberarsene forse verso i trent'anni con il matrimonio con Steffi Graf, una tennista come lui, con un padre dispotico ed ossessivo, come lui.
Ma fermo restando la scrittura snella e coivolgente del libro, la mia mente ha tradito le intenzioni di frivolezza estiva ed ha iniziato a produrre analogie tra la lettura, sempre più emozionante, e le startup! Oltre la facile similitudine tra Open ed Open Source, ho viaggiato con la mente verso strategie aziendali, modelli di business e motivazioni personali.
Durante il mio panel al Working Capital lo scorso Luglio ho parlato di Startup Errors (queste le slide), dedicando anche alcune slides al tipo di approccio da intraprendere per portare una startup al successo, inteso come raggiungimento degli obiettivi prefissati. Uno di questi è che ci si deve dedicare INTERAMENTE al progetto che si vuole conseguire, ma non solo, tutte le idee devono coinvogliare verso l'obiettivo definito, tramite una piano.... matematico.
Se leggete 12 libri l'anno (uno al mese) su una sola materia, probabilmente diventerete in poco tempo uno dei massimi esperti in quella materia. Dopo 3 anni avrete letto 36 libri, quanti cosiddetti guru hanno letto 36 libri nel loro campo?
Se contattate personalmente 15 clienti (o utenti) al giorno, per 365 giorni, avrete +5000 potenziali clienti in un anno!
Se colpite 2500 palle al giorno, ne avrete colpite 1 milione in un anno. Quanti sapranno fare di meglio?
La matematica non sbaglia! Ed infatti, come nel libro, l'ostacolo più grande verso il raggiungimento degli obiettivi, siamo noi stessi!
L'aspetto fondamentale di una imponente preparazione è l'esclusività. Come nel web 2.0 i cosiddetti database non replicabili hanno fatto la differenza. Pensate soltanto alla mole di dati raccolta da Google con lo Street View, chi si imbatterebbe al giorno d'oggi in un progetto rivolto al contrasto di tale primato? Nemmeno Apple è riuscita ad avvicinarsi con Maps a tale leadership, pentendosene amaramente solo di averci provato!
Seppur stratosferici in termini di visite e pubblicità, quindi di business, questo è un tipico esempio di database NON replicabile.
Vi lascio con un quesito, una domanda alla quale credo che nemmeno lo stesso Agassi sia mai in grado di rispondere (nonostante le affermazioni del libroi). Ne è valsa la pena?
Rinuncereste ad una parte della vostra vita per raggiungere i gli obiettivi prefissati (non vi viene in mente Zuckerberg?) e proprio a quella parte migliore, l'adolescenza ed i vent'anni?

Questa volta, a differenza del solito, io ho letto questo articolo esattamente come voi, nello stesso momento.
Non lo conoscevo, non lo avevo letto e controllato e pertanto per me è stata una sorpresa.
E devo dire che l’ho trovato particolarmente interessante.
Comincio a rispondere alla domanda finale, tanto per non essere banale ed invertire un po’ l’ordine delle cose…
Sì, questo riferimento viene in mente anche a me è probabilmente non è affatto un caso.
Seppure io su questo riferimento abbia qualche dubbio dal momento che l’utilità di Facebook supera di gran lunga la necessità della realizzazione personale di un individuo altrimenti sconosciuto…
Vorrei far riflettere tutti voi sul fatto che non è un caso se il vicepresidente di Facebook (se non mi ricordo male) in una puntata di qualche tempo fa di Report affrontando la questione della privacy disse: “Non c’è violazione della privacy. Per nessun motivo. Gli utenti ci dicono quello che vogliono che si sappia. Noi riproponiamo soltanto quello che loro ci hanno scritto.”
Insomma, se ci lamentiamo del fatto che non c’è privacy su Facebook… Forse non abbiamo capito che non siamo stati derubati da ladri molto bravi ma che li abbiamo lasciati entrare noi in casa…
Detto questo, apro una parentesi, in verità molto breve: la lettura di quest’estate per me è stata “il programma dell’universo” di Seth Lloyd. Non c’è persona, professionista, amante della tecnologia che non potrà trovare interessante ogni singola parola.
Purtroppo non ho avuto ancora modo di finirlo ma credo sia un libro che ispirerà non soltanto i migliori e più capaci di noi ma anche i più curiosi e i più desiderosi di conoscere la tecnologia e la sua evoluzione più in generale attraverso il pensiero e la mirabile capacità espositiva di una mente brillante. E anche se per tutti noi il tempo da passare sotto l’ombrellone sta volgendo al termine, credo sarebbe opportuno che trovassimo cinque minuti, almeno, al giorno da dedicargli.
Ma sto divagando, vi chiedo scusa.
Torniamo sul “prezzo”. 🙂
Si tratta, in verità, secondo il mio modesto parere, di una questione abbastanza complessa dal momento che più o meno tutti noi abbiamo avuto o abbiamo la fortuna di studiare, leggere, consultare dei testi, accedere ad informazioni.
Questa è la società dell’informazione e l’informazione, come si sa, è potere!
Diventare estremamente ferrati su una questione, su un aspetto della scienza certamente rende noi molto professionali ma, almeno potenzialmente, poco versatili.
E un ingegnere (tanto per fare un esempio a caso), si sa, deve essere capace di adattare la propria mente a problemi della più variegata natura, pena non essere poi così bravo come ingegnere.
Abbiamo un sistema di formazione che ci si chiede di fare scelte importanti, determinanti per il nostro futuro ancor prima che noi siamo in grado realmente di rispondere alla domanda “che cosa vogliamo?”.
D’altronde non potrebbe che essere così: crescere significa imparare a farsi delle domande ed è giusto che si cresca, soprattutto quando si pensa di essere troppo piccoli e di avere tanto tempo a disposizione per farlo.
In definitiva io credo che la risposta alla domanda sia “si, perché è necessario”.
Soltanto che è faticoso, costa tempo e sacrificio.
Ed è appunto questo, credo, il nodo della questione: il sacrificio.
La determinazione.
La voglia spasmodica di raggiungere un risultato perché è quello in cui si crede.
Anche l’open source in fondo è qualcosa di questo tipo: cerca di trasformare quello che c’è ed è un progetto di qui all’eternità perché cambiare la mentalità significa stravolgere i riferimenti culturali e pertanto è fondamentale rendersi conto che questa trasformazione deriva dal fatto che si è riusciti ad acquisire informazioni e poi a trasformarle in qualcosa di diverso, magari di migliore (anche se questo aggettivo verrà necessariamente utilizzato da ciascuno di noi per indirizzarsi alla propria idea piuttosto che, forse, a quella degli altri ma questo è nella logica delle cose ed è anche piuttosto utile…).
La determinazione con la quale perseguiamo gli obiettivi ci differenzia da chi non ne ha.
E il sacrificio, alla fine, verrà premiato.
O almeno, per questa speranza è giusto tentare.
Vivere per lavorare o lavorare per vivere?
Quasi tutte le storie di successo, da tennis al web riportano di enormi sacrifici a discapito di una esistenza normale. Insomma è chiaro che se si vuole arrivare ad obiettivi importanti (successo di una startup) bisogna sacrificare una parte della propria esistenza ma il punto fondamentale a mio avviso è che si faccia qualcosa che si ama, almeno ne sarà comunque valsa la pena 😉
E detta così sembra molto simile alla filosofia di vita più spicciola alla 50cent: “get rich or die tryin'” ma alla fine la verità è questa, non c’è niente da fare!
Son d’accordo.
Eccomi ancora una volta quì a dire la mia 🙂
Naturalmente son d’accordo con Emanuele che dice che per arrivare al successo ci si deve dedicare INTERAMENTE al progetto che si vuole conseguire, ma all’affermazione “La matematica non sbaglia e spesso nemmeno i ragionamenti che si basano su essa, infatti Andre Agassi è diventato numero uno del mondo!” no ne sono sicuro.
Infatti come Tu stesso hai scritto in un commento di QUESTO articolo la vita non è una certezza matematica ma l’uomo ha un cuore, ed il cuore è imprevedibile ed a volte per gli amanti della matematica l’imprevisto può essere anche piacevolmente sorprendente.
E’ esatto, se si vogliono conseguire dei risultati bisogna impegnarsi tanto e a volte anche troppo perchè il risultato che si otterrà è equivalente all’ impegno che ci si mette.
Riguardo alla domanda “Rinuncereste ad una parte della vostra vita per raggiungere i gli obiettivi prefissati” Risponderò presto 🙂